
Come ogni anno, al termine del periodo estivo, nella mattinata di domani, domenica 10 settembre, il venerato simulacro della Madonna del Carmine di Avigliano, con immutato rito, fa solenne rientro in città per essere collocato sul trono marmoreo che sovrasta l’altare maggiore della chiesa parrocchiale “Santa Maria del Carmine”.
Sino a qualche decennio fa il rientro avveniva la terza domenica di settembre, successivamente anticipato alla seconda domenica, per motivi di opportunità pastorale e sociale.
Interessante e singolare è la storia che ha portato lungo il tempo l’attuale chiesa parrocchiale a divenire Basilica Pontificia sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II proprio all’inizio del “Grande Giubileo del 2000“.
Anticamente, la cura religiosa di tutto il vasto territorio aviglianese, per lunghissimo tempo, fu affidata ad un’unica parrocchia, quella che attualmente porta il nome di Santa Maria del Carmine, se si eccettua il periodo che va dal 1814 al 1831, in cui, sulla carta, esisteva un’altra parrocchia, quella del S.S. Rosario, con sede nella Chiesa dell’Annunziata. Solo in seguito nel 1905, Mons. Ignazio Monterisi, Vescovo di Potenza, istituì le nuove ed attuali parrocchie nelle zone rurali di Avigliano.
Anche se la devozione alla Beata Vergine Maria del Carmine, di cui si venerava una immagine su tela, è antecedente al grande sisma del 1694 e successivamente a tale evento rafforzata e identificata nell’attuale venerata effigie della “glicofilusa” (la dolce amante) di scuola e tradizione napoletana del XVII secolo, la Madonna del Carmine è stata proclamata protettrice principale di Avigliano solo nel 1811 con decreto del Vescovo di Potenza, Mons. Bartolomeo De Cesare, i santi titolari della parrocchia di Avigliano furono prima San Bartolomeo, poi San Leonardo, e, infine, con decreto del 4 maggio 1748, a firma del Card. Fortunato Tamburrini, San Vito, venne proclamato compatrono.
L’attuale Basilica Pontificia sorge nella parte più antica della cittadina lucana, la prima costruzione dovette essere già iniziata nel sec. IX.
Nei lavori di manutenzione della copertura sono state rinvenute due pietre da taglio su cui sono leggibili queste lettere: “Silv… Sindico”; sull’altra: “factum 1614 restauravit”.
La data certa del 1583 segna, invece, la fattura dell’attuale grandezza e stile, pianta a croce latina, a tre navate, ispirazione allo stile romanico con ornamento di tipo barocco e volta a cassettoni.
L’abside è molto profondo, in esso si può osservare un grande coro ligneo, chiuso sul davanti da un pregevole altare in marmi policromi, ad imitazione barocco.
Nell’anno Santo 1950, a cura dell’Arciprete, Mons. Nicola Loffredo, fu eretto sull’altare maggiore un artistico trono marmoreo, opera dei maestri d’arte aviglianesi, Michele e Andrea Manfredi, per dare una decorosa collocazione alla venerata immagine della Beata Vergine, titolare della chiesa, incoronata nel 1935 con decreto del Capitolo Vaticano.
Il coro è sovrastato da un antico organo, oggi, in fase di restauro, con fregi originali che lo fanno risalire al settecento.
Alla sommità della crociera, sotto la cupola, una gradinata immette sul presbiterio, chiuso da un’artistica balaustra in marmo.
La chiesa, complessivamente ospita ben 11 altari, tutti rivestiti in marmo, risalenti per la maggior parte alla fine dell’ottocento.
La facciata attuale, risale al 1854 ed è affiancata da un campanile a quattro piani, sull’ultimo dei quali vi sono quattro grosse campane, elettrificate nel 1978.
Con l’evoluzione delle chiesa ricettizia, riconosciuta come persona giuridica fino al 1867, la diminuzione dei componenti del capitolo e la sua successiva riconfigurazione canonica nella realtà diocesana, è stata comunemente appellata chiesa Madre.
Nell’estate del 1997, riprendendo il sogno del parroco Mons. Domenico Latronico, il seminarista Claudio Mancusi riproponeva al parroco don Gaetano Corbo la volontà di perseguire l’iter per il riconoscimento a Basilica Pontificia che oltre ad esprimere un più forte legame con il Papa e a rendere fruibili i benefici spirituali propri legati a tali sedi, come specifiche indulgenze, avrebbe evidenziato la dignità della fede di un numerosissimo popolo di fedeli che costantemente onora la Madre di Dio ivi venerata.
Lo studio sottoposto alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nel settembre 1998 con la richiesta e la presentazione di don Gaetano Corbo e il nulla osta dell’Arcivescovo Metropolita di Potenza-Muro Lucano-Marsiconuovo, S.E.R. Mons. Ennio Appignanesi, fu curato da uno staff, così, composto: Ins. Gennaro Claps (relatore sulla storia ed il culto); Ing. Francesco Giordano (planimetrie); Ins. Michele Ostuni (relatore artistico); Tonino Chianese (documentazione fotografica); Claudio Mancusi (questionario per la Congregazione).
Espletati gli adempimenti richiesti dalla Congregazione circa la sistemazione dell’ambone e della sede, realizzati grazie alla generosità del parroco e di Mons. Giuseppe Stolfi, il 28 dicembre 1999 con decreto del Prefetto, Sua Eminenza, Giorgio Cardinale Medina Estevez, con l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, la Chiesa Madre viene proclamata Basilica Pontificia.
Il 5 gennaio del 2000, nei primi vespri della solennità dell’Epifania, l’Arcivescovo Metropolita Ennio Appignanesi apre per la prima volta ad Avigliano la Porta Santa e annuncia al popolo l’elevazione al rango di Basilica Pontificia della chiesa Madre.
Oggi, sulla facciata, due mosaici riportanti gli stemmi araldici di Giovanni Paolo II e di Mons. Ennio Appignanesi, ricordano l’evento e la dignità del tempio affiliandolo per sempre al cuore della chiesa cattolica.
Il 20 maggio 2003 sul sagrato della Basilica Vaticana, Papa Giovanni Paolo II incorona la statua della Madonna e, sempre grazie alla solerzia di don Domenico Lorusso, oggi Parroco-Arciprete e Rettore del Santuario Diocesano, il 31 dicembre 2022 ed il 1 gennaio 2023 l’effigie della Beata Vergine Maria del Carmine di Avigliano veniva esposta alla venerazione universale nella Basilica di San Pietro in Vaticano alla presenza di Sua Santità, Papa Francesco.
Ad informarlo è il sacerdote, don Claudio Mancusi.
Redazione
